Si è inaugurato, mercoledì 16 dicembre a Roma, presso le sale di rappresentanza della Regione Friuli Venezia Giulia, il nuovo allestimento della mostra storica dell’operetta “Tu che m’hai preso il cuor” realizzata dall’Associazione Internazionale dell’Operetta, con la collaborazione del Comune di Trieste e della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi.
Per esigenze di spazio è stato necessario riassumere in poco più di venti pannelli una mostra che all’inaugurazione di giugno a Trieste ne contava cento ed oltre, cercando però di esprimere alcuni concetti molto semplici.
L’amore per l’operetta a Trieste nasce da lontano, da una assidua frequentazione popolare dei teatri che risale a prima del 1850, da una quantità inimmaginabile di rappresentazioni che ogni anno passavano sulle scene della città giuliana, dal numero incredibile di teatri che in quegli anni ospitavano le operette (Filodrammatico, Fenice, Armonia, Minerva, Goldoni, Rossetti… senza dimenticare i tanti spazi all’aperto, i caffè teatro…). Bisogna ricordare la permanenza in città di grandi compositori del calibro di Lehár e prima di lui del dalmata Suppé, nipote di Donizetti e suddito degli Asburgo, ma anche Johann Strauss Jr., dopo il trionfo del “Pipistrello”, e più tardi anche Imre Kálmán. Nessuno più di Franz Lehár si lega a Trieste, da quando, a fine Ottocento, vi dirige una banda militare austriaca, ne impara il dialetto e le dedica canzoni. A Trieste trova in Schmidl il primo editore e più tardi in Nordio l’impagabile traduttore delle sue ultime, romantiche creazioni, con versi ormai leggendari, come “Tu che m’hai preso il cuor” per il “Paese del Sorriso”, e a Trieste riserva tante prime esecuzioni italiane, a partire proprio dalla mitica “Vedova allegra”, che nel 1907 vede un curioso episodio di contestazione montenegrina.
E negli Anni Venti anche l’Italia dice la sua, soprattutto quando gli attori attingono, con estro arguto, al mondo del folclore e delle maschere.
Nel 1950, quasi a esorcizzare il suo incerto futuro, Trieste osa andare contro corrente e riproporre all’aperto, al castello di San Giusto, un Festival estivo dell’operetta di livello internazionale. Sono dieci edizioni da favola, con affluenze da stadio, che le telecamere portano in tutte le case e i rotocalchi definiscono degne della Scala per sfarzo e caratura artistica, una fabbrica dei sogni che colpisce l’immaginazione collettiva. La televisione e le regie di Vito Molinari e Gino Landi negli anni ’70 portano il nome dell’operetta triestina in mondovisione, facendo raggiungere al Festival le quaranta edizioni consecutive.
Lentamente dopo gli anni ’80 comincia il declino televisivo, mentre i successi in città restano sempre importanti. Ed è in questo sfavillante tessuto connettivo che si inseriscono le tante iniziative dell’Associazione dell’Operetta, sorta nel 1992, qui riassunte nei due premi: il Premio Internazionale dell’Operetta, omaggio a quanti hanno contribuito alla diffusione e al successo dell’Operetta, nelle sue diverse espressioni, e il Premio Nazionale Sandro Massimini, conferito annualmente a ungiovane attore brillante del teatro musicale leggero italiano che abbia già dimostrato particolari doti di talento e di versatilità nella recitazione, nel canto e nella danza; qualità queste che hanno fatto di Massimini una delle figure più amate e popolari delle nostre scene. Ai premi si aggiungono le immagini significative di due rassegne di successo: Pomeriggi Musicali al Rossetti, dedicati al musical, e TriesteOperetta al Ridotto, manifestazione che anticipa il Festival dell’operetta. La mostra resterà aperta fino all’8 gennaio, dal lunedì al venerdì con orario 9-17.