Tosti e D’Annunzio
Programma musicale
Tosti: Quand’io ti guardo (da “Malinconia”)
In van preghi (da “Quattro canzoni d’Amaranta”)
Visione
Cilea: Romanza per pianoforte solo
Puccini: Sole e amore
Tosti: Vorrei
Vuol note o banconote
‘ Vucchella
L’alba separa dalla luce l’ombra
(da “Quattro canzoni d’ Amaranta).
Non è facile dire qualcosa di nuovo su Gabriele D’annunzio ai fiumani però abbiamo trovato un filone che speriamo possa essere di vostro interesse e spalanchi nuove pagine di conoscenza. Vi presenteremo con l’Associazione dell’Operetta di Trieste il rapporto del Vate con la Musica, non come musicofilo ma come autore di testi, un moderno lirycist
E partiamo proprio dal suo incontro con Francesco Paolo Tosti (Ortona 1846- Roma1916) conosciuto per essere stato l’autore di celebri romanze da salotto o da camera, insomma l’inventore della canzone, come la conosciamo oggi in buona sostanza, quella che deriva dai lieder tedeschi. Un parallelo tra i lieder di Franz Schubert con le liriche di Goethe e il binomio Tosti-D’Annunzio è doveroso quasi scontato per gli studiosi di musica.
Tosti iniziò la sua avventura musicale da tenore, per poi diventare definitivamente compositore, vissè per un periodo anche in Inghilterra. Scrisse musica per molti poeti, tra questi Salvatore DiGiacomo e D’Annunzio.
Le Romanze che Tosti scrisse per Gabriele d’Annunzio (scritte tra il 1880 e il 1899) sono molte, tra queste:
- Visione!
- Buon Capodanno
- “Vuol note o banconote? “
- En Hamac
- Notte bianca
- Arcano!…
- Vorrei
- Per morire
- ‘A vucchella
- Quattro canzoni d’Amaranta
- L’alba separa dalla luce l’ombra
- O falce di luna calante
Ascolterete adesso di Tosti e D’Annunzio:
- Quand’io ti guardo (da “Malinconia”
- In van preghi (da “Quattro canzoni d’Amaranta”)
Voce di Ilaria Zanetti e al pianoforte Cristina Santin.
Ma apriamo il raggio d’osservazione su D’Annunzio e la musica.
Nella lezione di Adriano Lualdi tenuta all’Accademia Nazionale Cherubini di Firenze, il 10 marzo 1957e a Milano il 15 aprile dello stesso anno afferma:
“La prima volta che potei osservare da vicino Gabriele d’Annunzio impegnato con musiche e musicisti, fu nel novembre del 1920, quando l’orchestra della Scala, condotta da Arturo Toscanini, si recò a Fiume, all’inizio del grande giro italo-americano di concerti.
D’Annunzio aveva scritto a Toscanini, nel giugno di quell’anno: «… Venga a Fiume d’Italia, se può. È qui oggi la più risonante aria del mondo. E l’anima del popolo è sinfoniale come la sua orchestra. I Legionari attendono il Combattente che un giorno condusse il coro guerriero».
Ad accompagnare Toscanini nel suo viaggio musicale, ma anche sentimentale, erano, con me, Leone Sinigaglia e Italo Montemezzi. Sapevamo che si sarebbero trascorse ore degne di memoria, che l’atmosfera alla quale si andava incontro non aveva nulla di comune con quella che avevamo lasciato, che d’Annunzio aveva posto la Musica alla base dell’ordinamento sociale e civile della Città, e che della Musica aveva scritto auguralmente, nello Statuto flumano: «Excitat auroram», eccita l’alba.
Ma nessuno di noi poteva immaginare la temperatura ambiente, nè l’alito di ardente poesia vissuta che avvolse l’orchestra e Toscanini dal momento dell’arrivo fino alla sera, al Teatro Verdi, durante e dopo il concerto.
Ai suoi Legionari disposti in quadrato dopo l’esercitazione a fuoco del mattino d’Annunzio aveva detto di Toscanini: «Guardatelo, guardategli la mano che tiene lo scettro. Il suo scettro è una bacchetta, leggera come una verga di sambuco; e solleva i grandi flutti dell’orchestra, sprigiona i grandi torrenti dell’armonia, apre le cateratte della grande fiumana, scava le forze dal profondo e le rapisce al sommo, frena i tumulti e li riduce in sussurri, fa la luce e l’ombra, fa il sereno e la tempesta, fa il lutto e il giubilo». E a qualcuno di noi era parso che il piacere e l’opulenza dell’ornato letterario non avessero rinunciato a sfilare anch’essi in parata nella fantasiosa e fragorosa festa d’armi.
La percezione che D’Annunzio ha della musica e come dicono i suoi amatori e studiosi, la lirica di D’Annunzio è pura musica. Alcuni critici hanno proposto di leggerne i romanzi come composizioni musicali. Il poeta ne percepisce fortemente le sensazioni ed è a sua volta un buon Lyricist, come si direbbe oggi. Il suo era un modo di affacciarsi alla musica immediato, istintuale.
- Visione
La sua «delizia», così viene definita la sua presenza, nel salotto di Francesco Paolo Tosti ha un significato importante. Perché in tale ambiente di arte canora spontanea e popolaresca sono stati di scena i canti di Di Giacomo e le romanze celebri del Tosti appunto, e dei Denza, Rotoli e Gastaldon.
C’è grande e intelligente ecclettismo nel suo gusto e assenza totale in lui di ogni atteggiamento o limitativo pregiudizio snobistico, in questa fase lirica.
Sempre seguendo le tracce di Lualdi
D’Annunzio fu un grande ammiratore della musica di Wagner: non solo infatti ne ricordò lo spirito e le modalità compositive nelle proprie opere, ma scrisse anche saggi critici ed articoli sulla musica del grande compositore tedesco.
Il poeta fu in grado di ispirare anche Claude Debussy: a Parigi infatti egli scrisse Il Martirio di San Sebastiano nel 1911, che affascinò profondamente il compositore e lo ispirò nella composizione di alcune sue opere.
Vale dunque la pena approfondire la questione. “Io sono un uomo per il quale il mondo sonoro esiste”. Prima ancora della musica vera e propria, il mondo sonoro è per D’Annunzio un incanto, dunque non solo realtà ma qualcosa che va oltre essa. D’Annunzio infatti era un “colto dilettante” che aveva imparato ad apprezzare la musica durante le frequentazioni dei salotti mondani e durante i concerti ascoltati a Roma. Il rapporto tra Gabriele D’Annunzio e la musica fu caratterizzato da un legame intenso, che in ogni caso non intaccò il primato delle lettere, ma si affiancò alla sua propensione per la poesia.
- Cilea: Romanza per pianoforte solo
- Puccini: Sole e amore
E’ indubbio che – se fu buon amico ed estimatore di Puccini e, negli anni maturi, di Mascagni, – egli non amò le opere dei suoi coetanei Maestri della Scuola verista.
Egli medesimo lo dichiarò apertamente, del resto, più e più volte. Amava la classicità ed il ritorno ad essa. Lo dichiarò nel 1906, ad un banchetto offerto a Richard Strauss:
«Questo barbaro magnifico e temerario, dagli occhi chiari, mi piace principalmente per la sua qualità di combattente, che lo avvicina ai miei Greci. Come i tragedi del Teatro di Dioniso, egli compone per vincere. La sua arte è guerriera. Anch’egli è un agonista. Perciò mi sembra degno d’incoronarsi d’un lauro cresciuto su la riva del Mediterraneo; il plauso recente glie lo ha decretato. E noi, in questa mensa latina, vogliamo bere alla sua incoronazione prossima.»
Musicista colto e raffinato, Cilea riuscì a fondere l’esperienza del verismo musicale italiano con la tradizione operistica francese, si stacca quindi dal verismo poco amato da D’Annunzio, mentre sin dagli ultimi anni dell’Ottocento Puccini tentò anche, a più riprese, di collaborare con Gabriele D’Annunzio, ma la distanza spirituale tra i due artisti si rivelò incolmabile, anche se come detto i due si stimavano.
- Vorrei
- Vuol note o banconote
Tornando a Tosti-D’Annunzio Sono di una prima fase le romanze: Visione!, Buon capo d’anno, Vuol note o banconote? , Malinconia, Vorrei ( firmate da D’Annunzio con lo pseudonimo Mario de’ Fiori e corrispondono al tirocinio giornalistico romano (1883-1888), Per morire, ‘A vucchella.
La genesi è comune tutte nascono da una collaborazione diretta tra Poeta e Musicista, «La parola del Poeta era al servizio della romanza vocale, intendo quella struttura e quel timbro particolari creati dal Musicista.»
La “seconda maniera” come la chiamava Matilde Serao inizia nella collaborazione Tosti-D’annunzio nel 1906 quando il secondo invia una lettera dalla sua villa in Versilia dove spera di ospitare l’amico «Qui potrai lavorare tranquillamente. Troverai le dodici romanze che ti ho promesse; e mi rassegno a lasciarmi rinchiudere in prigione per scriverne altre dodici». [dal Carteggio Tosti – D’Annunzio]
Di queste fanno parte probabilmente le Quattro canzoni di Amaranta in cui D’Annunzio fa riferimento a sue vicende personali: al centro non vi è più l’amore di una donna fonte di fascino e sofferenza, ma la fine di esso.
- A’ vucchella
- L’alba separa dalla luce l’ombra
(da “Quattro canzoni d’ Amaranta).
Nella collaborazione tra Tosti e D’Annunzio vi sono quindici anni di silenzio, il rapporto si è invertito e la musica è ora al servizio della parola, D’Annunzio è stato, probabilmente, impossibilitato ad esaudire le continue richieste dell’amico dalla grandiosa produzione che caratterizza questo periodo; vedono la luce i romanzi del superuomo Le vergini delle rocce e Il fuoco, la produzione teatrale e le Laudi del cielo del mare della terra degli eroi; egli ha ormai acquisito la piena consapevolezza delle sue capacità artistiche e non gli rimane più tempo per mettere il verso al servizio della musica.
Informazioni tratte da una tesi di laurea di Mariastella Barreca sulla collaborazione dei due artisti, pubblicata nel 2001 dal Conservatorio di Musica «L. Perosi».